Giovedì
mattina a scuola un bambino ha tirato un pugno ad un suo compagno. La maestra
lo ha ripreso chiedendogli la dinamica del misfatto e il bambino le ha
risposto: “E’ stato Jacopo (un terzo compagno) che mi dice di fare queste
cose!”. La maestra allora gli ha spiegato che ognuno è in grado di poter fare
le cose con la propria testa.
Ho
pensato….ecco cosa è la libertà: la capacità intelligente di fare la scelta
giusta, aggiungo per sé e per gli altri, insomma per quello che gli studiosi definiscono
“il bene comune” o “il vivere sociale” o “la comunità”.
Il
concetto di libertà è passato dall’abbracciare una sfera giuridica - il “liber”
era, nell’antica Roma, l’uomo legalmente libero che si contrapponeva al ”servus”
ossia l’uomo che nasceva schiavo nell’impossibilità di cambiare status sociale
- ad affiancarsi, fino a stringersi al concetto di cultura: la cultura di un
popolo prepara l’uomo a capire, selezionare e filtrare giudizi, evitando che si
abbiano delle considerazioni preconfezionate provenienti dai mass-media. Così si
è evoluta storicamente la libertà e oggi si presenta come un diritto fondante
dell’esistenza umana.
In
nome di questa libertà l’editoriale Charlie Hebdo ha disegnato copertine su
copertine ironizzando un po’ su tutte le religioni, in particolare sull’Islam.
In
nome della stessa libertà tre fondamentalisti islamici hanno assassinato 12 membri
del giornale compreso il direttore e il poliziotto musulmano che è morto a
difesa della medesima libertà.
Come
giustamente grida Giovanna. “Giornalisti che hanno scelto di fare un mestiere
che li rende liberi, liberi di poter scrivere e dire al mondo il loro pensiero,
ironizzare su qualcosa che al mondo fa paura…ha portato solo morte, e perché?
Perché nel mondo c’è gente che non solo prega il suo Dio, ma per lui uccide
altri esseri umani. Questa non è fede, ma fanatismo, crudeltà, ignoranza,
soprattutto se si è disposti a sacrificare anche i propri figli per il proprio
“Dio”, ad addestrarli per la guerra. Ognuno è libero di professare la propria
fede ma non si può fare la guerra uccidere in
nome della propria religione, in nome di Dio.”
Che
strano intreccio di “libertà”…eppure il significato dato a questa parola è
uguale per tutti e ben chiaro per tutti. Allora cosa cambia?
Evidentemente
cambia la cultura: quella parigina addirittura ci permette di offendere però
ridendo, denigrare ma con una gran pacca sulla spalla, far inorridire i
credenti con “non ve la prendete troppo!”; quella degli estremisti islamici ci
permette di uccidere persone in nome di Dio – quale Dio vorrebbe la morte di un
essere a sua immagine e somiglianza?- con cognizione di causa, con la pace
interiore che viene alimentata dall’aver fatto un atto giusto per sé e per gli
altri; quella del poliziotto musulmano che in nome del suo Dio lavora
onestamente per uno Stato che lo accolto e che ha voluto difendere nella sua
diversità.
Conclusione: la libertà
oggi è a servizio della cultura di un popolo. Ecco da dove nasce l’assurdità di
questo evento.
Chi crea la cultura?
I
fucili che ammazzano creano cultura, le matite che calpestano la dignità creano
cultura, i mass media che demonizzano gli extra-comunitari in questi giorni
creano cultura, i politici che in TV dicono “ve lo avevo detto io che non
dovevamo farli entrare così numerosi” creano cultura.
Ragazzi
stiamo attenti perché ci fanno ingoiare pilloline di “cultura” ogni istante e
noi non ce ne rendiamo conto!
Esempio?
A ridosso dell’attentato di Parigi c’è stata una corsa a Facebook per
pubblicare sulla propria bacheca “ Jesuischarlie”; non c’è una bacheca che non
abbia avuto questa frase. Ma ci si è chiesti se davvero la cultura del nostro
popolo sposa a pieno quella di Charlie Hebdo? Davvero noi, tutti, vogliamo essere
Charlie? Io rispondo a questa domanda con un pensiero che non è mio ma che
condivido a pieno.
“Essere "pietra d'inciampo",
trasformare la libertà in distruzione di ogni confine, è grave, non come
l'ingiustizia, ma lascia il segno nelle generazioni... gli schizzi di sangue
impressionano e vanno subito via (vedrete tra pochi giorni), gli schizzi di
grafite possono seminare tanto... Da dove nasce tutto questo? Dove ci porterà?
Forse, ora, è meglio non giudicare frettolosamente... ma so che dall'inizio dei
tempi è con la cultura che si cambiano i popoli... Quindi o fucili o matite,
intanto impegniamoci a dire NO ALLA VIOLENZA.”
E allora
ha ragione Katia quando afferma che: “Alla base di tutto credo debba esserci
una linea generale e continua di rispetto: rispetto per gli altri rispetto per
gli stranieri rispetto per chi ci ospita rispetto per chi sebbene la pensi
diversamente da te ti accoglie nel proprio paese. Questo rispetto
nell’editoriale non c’è stato; sebbene tutto fosse avvolto da un velo di ironia,
con queste vignette sono state lese le parti sensibili di un popolo molto
lontano da noi.”
La libertà
va a braccetto con la responsabilità perché è fondamento dell’esistenza umana,
della persona. Perciò col cavolo che Io sono Charlie piuttosto Io sono Ahmed
Merabed il poliziotto musulmano che è stato ucciso.
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