sabato 17 gennaio 2015

Charlie e la libertà - pensieri di un educatore cristiano

Giovedì mattina a scuola un bambino ha tirato un pugno ad un suo compagno. La maestra lo ha ripreso chiedendogli la dinamica del misfatto e il bambino le ha risposto: “E’ stato Jacopo (un terzo compagno) che mi dice di fare queste cose!”. La maestra allora gli ha spiegato che ognuno è in grado di poter fare le cose con la propria testa.
Ho pensato….ecco cosa è la libertà: la capacità intelligente di fare la scelta giusta, aggiungo per sé e per gli altri, insomma per quello che gli studiosi definiscono “il bene comune” o “il vivere sociale” o “la comunità”.
Il concetto di libertà è passato dall’abbracciare una sfera giuridica - il “liber” era, nell’antica Roma, l’uomo legalmente libero che si contrapponeva al ”servus” ossia l’uomo che nasceva schiavo nell’impossibilità di cambiare status sociale - ad affiancarsi, fino a stringersi al concetto di cultura: la cultura di un popolo prepara l’uomo a capire, selezionare e filtrare giudizi, evitando che si abbiano delle considerazioni preconfezionate provenienti dai mass-media. Così si è evoluta storicamente la libertà e oggi si presenta come un diritto fondante dell’esistenza umana.
In nome di questa libertà l’editoriale Charlie Hebdo ha disegnato copertine su copertine ironizzando un po’ su tutte le religioni, in particolare sull’Islam.
In nome della stessa libertà tre fondamentalisti islamici hanno assassinato 12 membri del giornale compreso il direttore e il poliziotto musulmano che è morto a difesa della medesima libertà.
Come giustamente grida Giovanna. “Giornalisti che hanno scelto di fare un mestiere che li rende liberi, liberi di poter scrivere e dire al mondo il loro pensiero, ironizzare su qualcosa che al mondo fa paura…ha portato solo morte, e perché? Perché nel mondo c’è gente che non solo prega il suo Dio, ma per lui uccide altri esseri umani. Questa non è fede, ma fanatismo, crudeltà, ignoranza, soprattutto se si è disposti a sacrificare anche i propri figli per il proprio “Dio”, ad addestrarli per la guerra. Ognuno è libero di professare la propria fede ma non si può fare la guerra uccidere in nome della propria religione, in nome di Dio.”

Che strano intreccio di “libertà”…eppure il significato dato a questa parola è uguale per tutti e ben chiaro per tutti. Allora cosa cambia?
Evidentemente cambia la cultura: quella parigina addirittura ci permette di offendere però ridendo, denigrare ma con una gran pacca sulla spalla, far inorridire i credenti con “non ve la prendete troppo!”; quella degli estremisti islamici ci permette di uccidere persone in nome di Dio – quale Dio vorrebbe la morte di un essere a sua immagine e somiglianza?- con cognizione di causa, con la pace interiore che viene alimentata dall’aver fatto un atto giusto per sé e per gli altri; quella del poliziotto musulmano che in nome del suo Dio lavora onestamente per uno Stato che lo accolto e che ha voluto difendere nella sua diversità.
Conclusione: la libertà oggi è a servizio della cultura di un popolo. Ecco da dove nasce l’assurdità di questo evento.
Chi crea la cultura?
I fucili che ammazzano creano cultura, le matite che calpestano la dignità creano cultura, i mass media che demonizzano gli extra-comunitari in questi giorni creano cultura, i politici che in TV dicono “ve lo avevo detto io che non dovevamo farli entrare così numerosi” creano cultura.
Ragazzi stiamo attenti perché ci fanno ingoiare pilloline di “cultura” ogni istante e noi non ce ne rendiamo conto!
Esempio? A ridosso dell’attentato di Parigi c’è stata una corsa a Facebook per pubblicare sulla propria bacheca “ Jesuischarlie”; non c’è una bacheca che non abbia avuto questa frase. Ma ci si è chiesti se davvero la cultura del nostro popolo sposa a pieno quella di Charlie Hebdo? Davvero noi, tutti, vogliamo essere Charlie? Io rispondo a questa domanda con un pensiero che non è mio ma che condivido a pieno.
Essere "pietra d'inciampo", trasformare la libertà in distruzione di ogni confine, è grave, non come l'ingiustizia, ma lascia il segno nelle generazioni... gli schizzi di sangue impressionano e vanno subito via (vedrete tra pochi giorni), gli schizzi di grafite possono seminare tanto... Da dove nasce tutto questo? Dove ci porterà? Forse, ora, è meglio non giudicare frettolosamente... ma so che dall'inizio dei tempi è con la cultura che si cambiano i popoli... Quindi o fucili o matite, intanto impegniamoci a dire NO ALLA VIOLENZA.”
E allora ha ragione Katia quando afferma che: “Alla base di tutto credo debba esserci una linea generale e continua di rispetto: rispetto per gli altri rispetto per gli stranieri rispetto per chi ci ospita rispetto per chi sebbene la pensi diversamente da te ti accoglie nel proprio paese. Questo rispetto nell’editoriale non c’è stato; sebbene tutto fosse avvolto da un velo di ironia, con queste vignette sono state lese le parti sensibili di un popolo molto lontano da noi.”
La libertà va a braccetto con la responsabilità perché è fondamento dell’esistenza umana, della persona. Perciò col cavolo che Io sono Charlie piuttosto Io sono Ahmed Merabed il poliziotto musulmano che è stato ucciso.
  Claudia Giorgio - Katia Caporusso - Giovanna Ruscigno
Educatrici del gruppo giovanissimi Sacro Cuore

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